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11 Aprile 2021 - II Domenica di Pasqua

venerdì 9 aprile 2021
11 Aprile 2021 - II Domenica di Pasqua
 “La Chiesa delle origini: il dubbio e il bisogno della prova”

Dal Vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro:
«Pace a voi!».
Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco.
E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo:
«Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Detto questo, soffiò e disse loro:
«Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.
Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!».
Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso.
Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse:
«Pace a voi!».
Poi disse a Tommaso:
«Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!».
Gli rispose Tommaso:
«Mio Signore e mio Dio!».
Gesù gli disse:
«Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro.
Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
(Gv 20, 19-31)


L’evangelista Giovanni, verosimilmente, ha voluto ricordare l’episodio dell’incredulità di Tommaso, fra i tanti che (come afferma) avrebbe potuto menzionare, per le parole conclusive di Gesù che, non a caso, sono le ultime che gli vengono attribuite nel Vangelo da lui redatto: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”.
È evidente, infatti, il suo valore d’ammaestramento per le generazioni future, chiamate a vedere il Cristo coi soli occhi della fede.
La breve scena, una tra le bellissime dei Vangeli, è di quelle che includono una trama problematica che oltrepassa l’obiettivo etico e morale: prima la pervicacia nei tre “se non” di Tommaso, al quale Gesù rifà il verso quasi per ironia, seguita dalla stupenda esclamazione finale dell’apostolo “Mio Signore e mio Dio”.
Tommaso incarna un efficacissimo ritratto d’uomo, al punto che nella scena sembra essere tracciata la vicenda difficile e controversa dell’anima cristiana, con la caduta nel dubbio e il bisogno della prova; vi è inscritta, in pratica, la fatica della fede.
Quante volte ci siamo trovati nella condizione di Tommaso? E quante volte, frammezzo alle nostre titubanze, non ci siamo sentiti fraterni con lui, traendone come una specie di conforto?
Assai probabilmente, per non disperare di noi in certe ore segnate dal silenzio della fede, dovevamo aver veduto dubitare perfino uno degli apostoli, vederlo segnato dalla stessa imperfezione nostra.
Ma tanto più, alla fine, il suo umanissimo atto di fede si fa puntello alla nostra fede.
E in realtà, se a noi è dato crede senza vedere, è perché lui ha veduto e creduto per tutti noi.